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GENITORI SOLI: gestire le emozioni a seguito di una separazione.

Studio Desmos2018-11-10T13:02:12+00:00

“La propensione ad esperire l’angoscia per la separazione e il dolore per la perdita sono i risultati ineluttabili di una relazione d’amore: del fatto di voler bene a qualcuno”

(Bowlby, 1973).

A cura della Dottoressa Michela Rapomi

 

Il passaggio da un nucleo bifocale ad uno monofocale rappresenta un momento di stress e di cambiamento per tutti i membri che compongono la famiglia.La separazione di due coniugi rappresenta sempre un avvenimento traumatico, che necessita di essere affrontato e che porta con sé inevitabili conseguenze, tangibili e non, a breve e lungo termine.

L’adulto che si separa sperimenta spesso sentimenti di solitudine e di depressione (più tipicamente femminili). La persona lasciata attiva anche fantasie di riconciliazione che, se non soddisfatte, suscitano sentimenti di umiliazione e un abbassamento della stima di sé (Baumeister et all, 1993). Inoltre la separazione comporta spesso una perdita di fiducia, in sé stessi e negli altri. E’ un lutto a cui sussegue la ricerca fisica e psicologica della relazione con l’oggetto perduto, accompagnata da uno stato di collera e di disorganizzazione in cui il soggetto si sente svuotato e senza confini sicuri (Bowlby e Colin Murray Parkes, 1975 ).

Gli studi sulle emozioni (Paul Ekman, 1994) ci dicono infatti che a seguito di eventi traumatici siamo portati a manifestare principalmente 3 emozioni:  la paura, la colpa e la rabbia.

Queste potrebbero sembrare solo negative ma hanno anche un importante scopo adattativo.

La paura è un’emozione fondamentale (innata e con un fondamentale ruolo adattativo) che può scatenare reazioni di fuga o di difesa attiva e che può riguardare oggetti reali o immaginari.  La paura provata da un membro della coppia può portare alla scelta stessa di mettere fine ad una relazione dolorosa. La separazione infatti, quando mette fine ad una relazione con serie problematiche coniugali (forti conflitti, alcolismo, violenze o malattie mentali) porta, di solito nell’arco di due-tre anni, a un benessere psicologico.Le paure preponderanti in un evento traumatico come la separazione sono la paura della perdita dell’onnipotenza, legata alla sensazione del fallimento, e la paura dell’ignoto, rispetto all’esito imprevisto della separazione.

La colpa è invece un’emozione sociale (in quanto riguarda le relazioni), autoconsapevole (in quanto richiede un’introspezione) e morale (perché coinvolge il nostro sistema di valori). La colpa può essere attribuita all’altro (eterodiretta), o a sé stessi (autodiretta), e può aiutare a leggere delle situazioni e dei vissuti altrimenti non leggibili. La colpa diventa un’emozione negativa quando si trasforma in giudizio e rabbia da una parte, vittimizzazione e autopunizione dall’altra. Un tipo di senso di colpa particolare è quello sperimentato dai “sopravvissuti”, che può essere vissuto da coloro che perdono il loro coniuge, e che conduce al rimorso legato alla sensazione di aver tradito e abbandonato la persona amata.

La rabbia è infine l’emozione che permette di difendersi, di auto-affermarsi, di recuperare autostima e autoefficacia. Può essere considerata anche un meccanismo di difesa o una modalità di scaricare la tensione e la responsabilità di fronte ad uno stress fisico e psicologico (Anolli e Ciceri, 2009). E’ da distinguersi dal conflitto che assume invece una dimensione negativa e di sofferenza per tutta la famiglia. Diverse teorie sostengono infatti che la separazione non sia un trauma di per sé, ma in quanto accompagnata da un forte clima conflittuale, che spesso prosegue intorno al tema della custodia dei figli. I genitori capaci di gestire la separazione senza accendere il conflitto riescono a vivere più serenamente, offrendo anche ai figli la possibilità di superare la delusione relativa alla rottura della coppia genitoriale.

Per controllare le emozioni, modificarle e reagire all’evento traumatico in modo funzionale, l’individuo mette in atto quelle che vengono definite strategie di coping.  Le ricerche dimostrano che le madri separate prediligono, come strategia di coping, la riformulazione del problema e la ricerca di supporto, spirituale, amicale o psicologico, strategie con una forte valenza positiva.  Gli uomini manifestano più spesso tipi di risposte poco adattive, come l’iperattività, la somatizzazione, la violenza fisica o la repressione delle emozioni (Baum, 2004). Più facilmente delle donne essi si lanciano in nuove relazioni sentimentali e si creano nuove identità, trovando in queste una nuova spinta vitale.

La separazione può essere infatti l’evento che scatena l’opportunità di confrontarsi con le questioni dell‘autonomia, del potere, della libertà e favorire una crescita personale. Questo effetto positivo viene definito resilienza, ovvero la capacità di attuare una riorganizzazione positiva della vita, a dispetto delle esperienze critiche o traumatiche vissute.

 

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