I RITI SPERDUTI
Il valore dei riti oggi
a cura della Dott.ssa Michela Rapomi
“Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe.
“Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe. “ È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore”
In questo tempo di pandemia dove i tempi sono dilatati e spesso sentiamo la mancanza di punti di riferimento, ci piace pensare che ci possa essere qualcosa di concreto a sostenere la nostra quotidianità, a guidare le nostre scelte e forse a renderci “educatori” di noi stessi.
Ogni relazione, di qualunque tipo essa sia, è impregnata di riti, di momenti unici e simbolici, che danno il senso di ciò che stiamo vivendo con l’altro.
Il dott. Mantegazza, pedagogista e docente universitario, ci ricorda che il rito per essere tale ha bisogno di un simbolo come materiale primario, un mito come sfondo narrativo e soprattutto dell’uomo, come referente primario. Nessun rito può esistere infatti all’infuori di affetti e relazioni.
Ecco qui alcuni alcuni sguardi sui significati dei riti, alcune strategie per riconoscerli e valorizzarli nelle nostre esperienze quotidiane e far sì che essi ci aiutino a vivere con maggior serenità.
Rito come linea di confine tra un prima e un dopo
La definizione di confini ci aiuta a riconoscerci nei limiti delle nostre vite (in assoluto la nascita e la morte), a riconoscere cosa sta dentro e cosa sta fuori, cosa viene prima e dopo, ad affrontare ed elaborare le crisi o i momenti critici dell’esistenza. Se guardiamo ai bambini, vediamo che per essi i riti sono un fatto quotidiano, ogni passo evolutivo rappresenta un gradino, un apprendimento, un rito “depositato” nella relazione con i propri genitori.
Rito come ritmo, danza
Se pensiamo ai cicli della natura, alle stagioni, al ciclo della luna ci rendiamo conto che l’uomo fa parte di un ritmo naturale e necessita di tale ritmo. Pensiamo a quanto siamo influenzati dai cicli del sonno, dai ritmi dei pasti, dall’alternarsi dei tempi di lavoro, di famiglia, di attività sportive.. Seguire un ritmo offre una certa serenità e la possibilità di vivere in maggiore armonia con la natura. Il rito offre un orizzonte di senso all’esperienza umana.
Rito come contenitore
In psicologia lo chiamiamo setting. È il contenitore dato alla terapia perché essa possa avere luogo. Definire un setting (spazio, tempo, ruoli, regole) permette la costruzione e l’evoluzione della relazione. I contenitori, per definizione contengono. Cosa? Principalmente l’ansia che deriva dall’ignoto, dallo sconosciuto, dal tutto può accadere in ogni momento senza regole (proprio come una pandemia, o un trauma). Per questo i contenitori sono fondamentali per educare e per educarsi.
Rito come linguaggio, comunicazione, mediatore
I riti ci aiutano a definire gli scambi sociali, a regolare i rapporti all’interno delle culture e a comprendere le altre culture. Il rito è l’anima del passaggio intergenerazionale e della trasmissione culturale, diventa narrazione del sé e della propria cultura. Il rito crea e contraddistingue i gruppi sociali.
Rito come celebrazione
Celebrare significa esaltare, lodare, rendere frequentato. Significa perciò, all’interno delle relazioni, riconoscere l’altro. Riconoscere è dare valore. Simboli di questo valore nella nostra cultura possono essere vari: dalla coppa dei campioni, al festeggiamento del compleanno o di una buona pagella, alla liturgia della messa. I riti sono momenti di festa, di gioia, di emozione vissuta e condivisa. Ogni famiglia, così come ogni società, crea riti intorno ai principi e ai valori che intende trasmettere.
Rito come educazione di sé e dell’altro
Possiamo pensare al processo di crescita stesso come ad grande rito, o viceversa ai riti come a dei passaggi di crescita. Educare sé stessi e gli altri ad ascoltare il proprio mondo interno, le proprie emozioni e viverle nella relazione con l’altro rappresenta una narrazione quotidiana, vitale e…contagiosa!